sabato 22 settembre 2007

Tutto il potere all'advertising

Il New York Times ha deciso che l'accesso al giornale tramite Internet sarà gratuito.
Anzi, il NYT ha anche rimborsato gli abbonati, che è un bel gesto di customer care per noi italici abituati a vedere che le telco fanno prezzi più bassi ai nuovi abbonati e lasciano invariati quelli dei vecchi clienti.

Siccome al NYT non sono benefattori, ma capitalisti che si fanno i due conti in croce, avranno trovato il modo di recuperare dagli inserzionisti pubblicitari i dieci milioni di dollari che incassavano come abbonamenti on-line.

Questo modello di business, dove la pubblicità paga le notizie, non è cosa nuova in quanto ogni pubblicazione di informazione, quotidiana, settimanale, mensile che sia, copre buona parte dei costi ed ottiene anche utili soprattuto dalla vendita della pubblicità in tutte le sue forme.

C'è quella esplicita, le grandi pagine che costano anche 50.000 euro ad uscita, ma anche i necrologi che, quando muore un personaggio noto, fanno andare in orgasmo da euro i padroni del giornale.
E poi ci sono: gli annunci delle puttane a domicilio, quelli immobiliari, le ricerche di personale, che spesso si mettono solo per fare scena perchè il posto è già assegnato ad un amico del cacciatore di teste, e gli annunci degli enti, che non si capisce perché non li mettano solo su internet risparmiando lo scarso denaro pubblico.

Poi c'è tutta una pubblicità occulta, mascherata ad arte da notizia (e qui si vede il grande giornalista), di quel genere che gli stessi giornalisti chiamano marchetta , definendosi loro stessi prostitute dell'informazione e i giornali una specie di bordelli. A voler essere buoni si può stimare che un buon 60% del contenuto è pubblicato perché qualcuno lo ha pagato ed è stampato/non stampato per far piacere a qualche personaggio potente e/o utile ieri, oggi e domani. E, vista in questi termini, forse ha ragione qualcuno più cattivo che dice che l'unica cosa che non sia a pagamento è la testata ed i numeri di pagina. Tutto il resto è noia e marchetta.

Questa comunella fra pubblicità ed informazione ha creato un rapporto del tutto sbilanciato a favore delle società di advertising, cioè coloro che gestiscono i budget pubblicitari e che sono i veri padroni del mondo in quanto possiedono la chiave del flusso di cassa dell'editoria. Si pubblica solo quello che loro, ed i loro committenti, vogliono che si scriva. Il che significa che la tanto sbandierata e protetta libertà di stampa è tutelata formalmente nelle costituzioni dei paesi liberi, ma, nella prassi, è in libertà condizionata e vigilata.

Uno scenario ben delineato nel libro "Merchant War (I mercanti dello spazio, Urania)" di Frederick Pohl, un romanzo di sci-fi, pubblicato nel 1952, che pone la sua storia nel 2006, e dove l'autore si prefigurava un mondo in cui le società di advertising sono le padrone (anche politiche) del mondo e si fanno anche le guerre pur di catturare un cliente e di raggiungere il dio budget.

Se qualche nostro intellettuale, negli anni 50-70, avesse letto questo ed altri libri di sci-fi, depurate dello space-opera avrebbe trovato le chiavi di lettura del mondo di oggi e non sarebbe caduto dal pero quando un Bloomberg o un Berlusconi, guarda caso magnati della pubblicità, scende in politica. Ed il nostro intellettuale, avventuratosi nel pianeta della fantascienza, avrebbe anche capito che la forza di questi personaggi non deriva dal messaggio che passa nelle loro televisioni, ma dal fatto che migliaia di giornalisti, presunti liberi, devono mettersi a 90° per poter ricevere lo stipendio a fine mese o anche solo 20 euro a pezzo, come capita alle ragazzette fresche di università che sculettano nelle redazioni sperando di diventare grandi firme di un grande giornale dove fare grandi battaglie in nome di grandi ideali mentre invece, tutta la vita, saranno costrette a fare solo grandi marchette, e nemmeno pagate tanto bene.

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