lunedì 30 novembre 2009

Internet, libertà e responsabilità

Il video di un ragazzo disabile pestato dai "compagni" di classe, e messo in rete, ha scatenato una denuncia, un'occasione per infiammare gli animi degli amanti delle tecnologie che credono di avere un diritto tutto loro per fare quello che vogliono e mettersi sotto ai piedi secoli di civiltà giuridica il cui scopo è tutelare sopratutto i deboli (e non c'è più debole di un disabile) contro la malvagità gratuita o l'arroganza dei potenti e dei ricchi.
Con quest'animo infoiato, i tecno-amanti dimenticano (ammesso che lo sappiano) che chi è responsabile di un'infrastrttura deve prendere tutte le precauzioni per evitare che, dall'utilizzo improprio o negligente dell'infrastruttura, ne derivino danni a terzi.
Infatti è per questa ragione che da McDonald mettono un segnale giallo per indicare che il pavimento è bagnato, ed è per questo che i poliziotti mettono una mano in testa alla persona che viene caricata a bordo di una volante.
Ma i tecno-fili credono che loro, messo un avviso sulle condizioni del servizio digitale, siano esenti da responsabilità o che loro possono applicare, sic et simpliciter, in EU metodi nati negli USA, tanto che ad un convegno di Assintel un avvocato ha scandalizzato l'uditorio di tecnici con l'affermazione che, in materia di e-commerce, "quasi tutto quello che in America si può fare (in Internet o via telefono) in EU è proibito".
E ne sanno qualcosa Microsoft, che si è presa multe stratosferiche dall'antitrust UE o Oracle che sta in ambasce perchè è sub judice la sua fusione con SUN.
Ora, considerato che è difficile (ma non improbabile) che gli americani mandino di nuovo i marines ad occupare l'Europa, i tecno-infoiati devono necessariamente darsi una calmata e rispettare le leggi europee, oppure formare un loro partito, scendere in campo, farsi eleggere ed emettere delle leggi che prevedano, ad esempio, che se uno lascia il gas aperto e salta in aria un palazzo, lui non ne ha nessuna colpa, povera stella!

venerdì 27 novembre 2009

Dopo Dubai

Come disse qualcuno: "quando una cosa perde il senso diventa arte", come il cavallo che da motore è diventato equitazione.
Ecco, la finanza è diventata arte, arte astratta, e bisogna capirla per metterci mano.
Mano che possono metterci solo i governi, visto che le banche centrali sono parte importante del problema, più sensibili agli espositori di quadri astratti (le banche) che ai problemi dei visitatori delle gallerie (i risparmiatori ingenui e ingordi).
Ma i vari Bambi Zapatero, l'ombroso Brown, il patetico socialite Sarkozy, l'ex DDR frau Merkel Angela (di nome, ma non di fatto), la dittatura collettiva dei mandarini cinesi e quella specie di Sunshine Family che sta alla casa Bianca, hanno i mezzi culturali per capire questa forma d'arte?
Non credo.

giovedì 26 novembre 2009

Punizioni non proporzionate

In un asilo israeliano c'era la cattiva abitudine dei genitori di arrivare in ritardo a ritirare i loro cuccioli, con tutte le conseguenze immaginabili sul morale degli addetti, costretti ad aspettare gli sciagurati genitori che se la prendevano comoda.
Bisognava trovare una soluzione e il perfettino di turno s'inventa quella dolorosa: colpire la gente al cuore, cioè al portafoglio, una bella multa per ogni ora di ritardo.
Risultato?
I ritardi e i ritardatari sono aumentati!
E per una ragione molto semplice: l'avere stabilito un prezzo (ragionevole e eguale per tutti) ha permesso alla gente di monetizzare, non tanto uno svantaggio (perdere soldi per una punizione), ma parametrare il prezzo dell'ora di extra-parcheggio con il vantaggio di poter fare il proprio porco comodo.
Questo è il perchè gran parte dei sistemi di dissuasione non funzionano: la gente si fa due conti e spende 10€ al giorno per parcheggiare al centro, nelle strisce blu, o meglio, parcheggiare in quelle gialle, calcolando che il rischio di beccarsi la multa da 60€ è statisticamente molto basso.
Purtroppo, come il direttore dell'asilo in esempio, siamo governati da illusi che credono che gli esseri umani siano una massa di pecoroni e non, com'è in realtá, una bella ghenga di 6 miliardi di volponi.

mercoledì 25 novembre 2009

Alla puttanesca

C'era una volta un re, sovrano di uno staterello ai pie' di monti maestosi, almeno loro, di maestoso, il re, aveva molto poco, anche perchè aveva casse vuote e tanti debiti.
Cosí il suo primo ministro, avvilito dai conti in rosso, decise di andare a saccheggiare i suoi vicini, pacifici re che da secoli regnavano godendosi ricchezze vere e l'amore dei loro sudditi.
Ma quando uno è reuccio e vuole fare guerra a tanti re, deve avere almeno un potente alleato e, non avendo niente altro da offrire, il primo ministro infilò nel letto di un imperatore la sua smaliziata cuginetta, tale Virginia, di nome ma non di fatto, che, fra un baciozzo e l'altro, convinse l'imperatore ad aiutare il re miserello a conquistarsi un regno, uno vero e degno di questo nome.
E un regno nato grazie alle grazie di una puttana, a puttane comunque doveva finire.

domenica 22 novembre 2009

Un mondo finito

Viviamo in un universo infinito ma la nostra vita si svolge in uno spazio finito, in senso geografico, perchè la Terra e quella che è, uno scoglio blu nel nero del cosmo dal quale non possiamo evadere, ma anche in termini di pulsioni intellettuali, perchè non abbiamo più, come aveva il coraggioso Ulisse, mari da navigare, colonne da superare, prodigi da scoprire, e quelli che ci sono rimasti, nella scienza fisica e nella biologia, sono solo per pochi eletti
Anche negli ideali vediamo un mondo finito, perchè omologato, dove solo pochi oscurantisti cercano di resistere al livellamento globale inesorabile.
Prima o poi gli USA avranno una previdenza sociale all'europea, prima o poi la Cina e la Russia dovranno democratizzarsi, prima o poi le teocrazie islamiche dovranno emancipare le donne, e allora ogni angolo del sasso blu sarà uguale a qualsiasi altro.
E forse è questa la ragione profonda della crisi: un appiattimento globale e in ogni campo, compreso quello manageriale, dove l'applicazione pedante e pedestre delle stesse regole apprese negli MBA non può che portare agli stessi risultati, il che non è una buona base per competere.
Bisognerebbe trovare il coraggio di essere diversi ma, come dice don Lisander, uno il coraggio (d'innovare) non se lo può dare.
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Primitivi Digitali

Le cronache dell'epoca riportano che la gente di Parmalat avesse cercato di distruggere le prove degli artifici contabili prendendo a martellate un computer, il che dimostra che la contabilità di un gruppo multinazionale era conservata su una specie di giocattolo, qual'è un Personal Computer, e che la comprensione dell'informatica dei dirigenti di una tale azienda era tale da non capire che sarebbe bastato far sparire il disco magnetico visto che, anche prendendolo a martellate, un gruppo di specialisti sarebbero riusciti comunque a leggerlo.
Un po' come avvenuto con il PC di una persona uccisa a Roma che qualcuno ha pensato forse di rendere inaccessibile annegandolo nel lavandino come se fosse un gattino di troppo di una covata troppo numerosa.
Altro preclaro esempio che l'Italia è un paese tecnologicamente primitivo anche se abbiamo ormai più cellulari che abitanti.
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sabato 21 novembre 2009

PEC: occorrerebbe fiducia

La Posta Elettronica Certificata per parlare con la P.A. sarebbe una bella cosa, se l'amministrazione pubblica non fosse quella di un paese dove è sempre possibile, e molto probabile, che si cambino le carte in tavola a suo uso e consumo.
E si potrebbero citare decine di eventi dove la P.A., o sue emanazioni molto potenti, hanno cercato di scappottarsela, e dove solo lunghe battaglie giudiziarie, carte alla mano, hanno cercato di vanificare i colpi di mano del potere.
Figuriamoci quando si parla di evanescenti registrazioni elettroniche, magari basate su macchine con sistemi operativi giocattolo, gestiti da ragazzotti dall'io ipetrofico, direttamente proporzionato al loro tasso di ludicità nella gestione della sicurezza.
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giovedì 12 novembre 2009

Lo scudo inutile

Le parole, come si sa, rivelano sempre recondite paure e desideri e, avere chiamato scudo il provvedimento per il rientro di capitali, è un sintomo di profondo malessere, molto ben conosciuto più che percepito, dal ministro del Tesoro, espressione di quei produttori che sono, per necessità, i destinatari, ma non i maggiori beneficiari, del provvedimento, gente che deve procurarsi denaro sonante perchè ha le casse vuote, non è più finanziato e ha banche, fisco e fornitori da pagare.
Si tratta quindi di una mossa alla disperata, un tentativo di salvarsi con un fallaccio, sicuri che l'arbitro-fisco (per il momento) guarda dall'altra parte, con la speranza di ricominciare a fatturare come ai bei tempi.
Ma se un'azienda non è stata capace di affrontare una crisi vuol dire che la sua gestione è a pane e castagne, non ha mai avuto una strategia e sopratutto non ha capacità di diversificazione (di mercato e/o di prodotto) per cui è abbastanza improbabile che riesca a riavvare le macchine quando l'economia sarà ritornata ai livelli precedenti la crisi.
E poi c'è il piccolo particolare che, nel frattempo, i concorrenti sani non stanno mica a guardare, presidiano e occupano fette di mercato tradizionale e sopratutto attaccano quei mercati diversi che i concorrenti asfittici non hanno visto.
Alla fine chi proprio non è in grado di competere dovrà abbandonare e lo scudo sarà servito al fisco per aggiungere qualche goccia di euro in un secchio bucato.

lunedì 2 novembre 2009

Mentre il medico studia...

...il malato muore!
Ed è questa la fine che sta facendo quella parte debole dell'economia che viveva di quel 30% di pannicolo adiposo sparito con la riduzione dei consumi causa crisi.
La disoccupazione aumenta, la paura pure, ovviamente la gente si arrangia, cercando di mantenere un livello decente di vita, oltre tenersi la casa per non fare la fine di tanti americani ridotti a vivere in roulotte, tende o in ospizi sovraffollati.
In questo day after economico vediamo la totale latitanza della politica, in tutto il mondo e sotto tutte le colorazioni politiche, segno evidente che non sanno che fare, perchè non capiscono il problema, mentre gli scienziatini superpagati e sopravvalutati delle banche centrali si astengono dal proporre rimedi nuovi, per non prendersi responsabilità come solito, e continuano in inutili interventi fatti con strumenti poco efficaci e volti sopratutto a salvare le banche.
Poverine, rimaste a secco, le hanno riempite di liquidità, che però non vanno alla gente ma servono per grandi manovre atte a salvare grandi debitori sistematici.
E, siccome il buco pare sia grande come una miniera di zinco a cielo aperto, si sono inventati i bond di stato, cioè prestiti onerosi che dovrebbero migliorare il patrimonio delle banche e spingerle a prestare denari all'economia reale.
Però costano tanto, e i banchieri cercano di farne a meno, prendono tempo e, intanto, l'economia si spegne lentamente per anossia finanziaria.
Ora, considerato che questi bond sono altro debito pubblico e che l'abbondante liquidità immessa stagna nei forzieri della banche, non sarebbe meglio se gli stati comprassero dalle banche un po' di mutui e prestiti della gente comune?
Magari, fissando un tasso fisso basso, diciamo un 3%, le rate sarebbero ragionevoli e abbordabili, le banche si ritroverebbero con le casse piene e gli stati lucrerebbero sulla differenza positiva fra il tasso dei titoli offerti al mercato dei risparmiatiori e quello sui mutui e prestiti "nazionalizzati".

domenica 1 novembre 2009

Maratoneta a NYC

L'ambizione della servitù è stata sempre quella di scimmiottare il ricco padrone e perció tante delle usanze americane sono entrate nella nostra subcultura, a volte con un ritorno in Europa di cose tipicamente nostrane, esportate a suo tempo in America e poi riverniciate, a volte ribattezzate e sempre massificate come prodotto industriale.
La sublime pizza napoletana ridotta a schifezza con l'anas in un cartone fetente, le svizzere diventate hamburger da infarto, gli hotdog, che sono sempre i vecchi i salsicciotti mittel-europei, Santa Klaus, il San Nicola da Bari rielaborato dalla CocaCola, e anche Halloween, quel pasticciaccio brutto di riti pagani anglosassoni e feste dei morti cristiane ormai occasione di bagordi per adulti poco cresciuti.
Infine anche la mania del correre, anzi, del running, una cosa che già il cardiologo Barnard aveva definito semplicemente un'idiozia che fa più male che bene.
Ma l'imitatore servile è ormai preso e il suo sogno supremo è certamente quello di farsi i 42 km e rotti fra gli scenari di Woody Allen e quelli di Marty Scorsese di una New York che è un luogo che va goduto lentamente, sorseggiandone ogni angolo e non certo correndo intruppati fra maratoneti professionisti e quelli che, giustamente, ci vanno solo per l'ennesima occasione per esibirsi.
Il runner invece ci va per correre, al via fa scattare il suo cronografo personale per battere di nuovo se stesso.
Ma è proprio così?
No, perchè il runner non corre contro se stesso, e nemmeno contro gli altri, il runner, sopratutto over 40, corre per sfuggire alla Signora Morte, la sua è una fuga da un destino ineluttabile, ed è veramente singolare che la più famosa delle maratone aperte a tutti si svolga nei giorni dei morti, i giorni che ci ricordano che è meglio vivere la nostra breve vita insieme agli altri e per gli altri, perchè è inutile correre per sfuggire alla Morte, lei sta sempre avanti a noi, sull'ultimo traguardo, pronta a schiacciare il pulsante dell'ultimo centesimo di secondo.