sabato 28 febbraio 2009

Sessanta milioni di baionette

Radio24 ha sparato eccitatissima la notizia che siamo finalmente sessanta milioni di italici, extracom compresi.
Una notizia che fa il paio con le geremiadi ascoltate a un convegno, sempre del Sole24Ore, dove si paventava che, fra 50 anni, e se le donne italiche non si mettono a figliare come coniglie, gli italici saranno solo 40 milioni.
Ma a che serve essere in tanti?
Perchè servono giovani per pagare le pensioni ai vecchi, si dice.
Però si vuole anche si vada in pensione a 65 e forse anche a 70 anni, per cui a una persona rimarrebbero solo 20 a 16 anni di vita alle spalle di chi lavora e, sopratutto, di produce qualcosa di vendibile e di esportabile per comprare petrolio per riscaldarci.
Ma, con l'avanzare dell'automazione e della robotica, a che serve tanta gente?
Con la crisi attuale quanti ex operai dovranno riciclarsi come portinai al posto di extracom?
Quante operaie, invece di sporcarsi di grasso di macchina, andranno a fare compagnia a una povera anziana oggi affidata alle cure, spesso non amorevoli di una badante slava?
E qualcuno calcola quanto costa il fatto che per ogni persona si devono bruciare 4,94 litri di petrolio greggio al giorno?
E ovviamente nessuno ricorda che a Mussolini gli otto milioni di baionette non sono serviti a niente contro i bombardieri che demolivano le città italiane, comodamente, da 20.000 piedi.

martedì 24 febbraio 2009

Come Volevasi Dimostrare

Avevo detto che si dovevano nazionalizzare le banche e anche in USA, paese del liberismo assoluto ma anche del pragmatismo efficiente, ci si avvia a salvare sotto l'ala statale Citi e Bank of America, cioè alcune delle più grandi banche del mondo.

Avevo detto che la crisi sarebbe durata cinque anni, di cui uno già trascorso inutilmente, ed oggi anche Bernake dice che ci vorranno tre anni; io dico che ce ne vogliono ancora quattro.

Solo i nostri governanti, se non sono intenti a scissioni o impegnati su stupidaggini, continuano a pensare che, chissà perchè, l'Italia e le sue banche siano immuni dal contagio.

Vedremo. Io sono convinto che entro fine 2009 almeno tre grandi gruppi bancari italiani, forse quattro, dovranno essere nazionalizzati e a loro seguiranno anche un paio di utility.

domenica 22 febbraio 2009

Indifferenza intelligente

Pare ci sia una crisi. E sicuramente sarà così. La cosa strana è che la gente (nella media) è assolutamente indifferente. Non credo perchè i singoli non sentano gli effetti della crisi.

E allora perchè la gente è così indifferente?

Il fatto è che c'è un'intelligenza collettiva che si manifesta con questi comportamenti (nella media) similari; la gente non è (molto) preoccupata perchè ha capito una cosa: siccome la crisi è mondiale, non è un problema della gente comune risolverla e non sarà la sola gente comune a subirne le conseguenze.

L'intelligenza collettiva ha capito che, se il sistema collassa, non ci saranno assalti ai forni, ma sicuramente a casa dei potenti che, prima volta nella storia, non hanno un posto dove scappare.

Ve lo ricordate il reuccio savoiardo che scappa di notte verso Brindisi abbandonando il suo popolo in mano a due eserciti invasori? E Mussolini travestito da soldato tedesco che cercava forse salvezza in Svizzera? E Craxi che va esule in Tunisia?

Ma, se il sistema crolla, dove scappano? Il pianeta quello è, e non c'è un posto dove nascondersi perchè, se il sistema crolla, crolla dappertutto, e non è facile fare la bella vita in mezzo a una massa di disperati che, prima o poi, t'individuano.

Ma il sistema non crollerà e, in qualche modo, troveranno la soluzione per riavviare la giostra. E se non lo trovassero, molti realizzaranno finalmente certi incubi chiusi nel cassetto.

venerdì 20 febbraio 2009

Nazionalizzare necesse est

La signora Merkel, Angela di nome, ma non di fatto, ha varato una legge, per nazionalizzare le banche inguiate, che prevede anche l'esproprio a favore della Repubblica Federale dei Tedeschi che, ancora una volta, e anche se disturba qualcuno, dimostrano di essere i più furbi della classe.

D'altra parte che altro si può fare. Niente. Il buco è troppo grande e non lo si può riempire con secchiate di euro in bocca a banchieri ingordi, e sarebbe il meno, visto che sono sopratutto incompetenti e forse anche imbecilli.

Nazionalizzare dopo l'orgia liberista della supponente signora Thatcher, quella che mandò la gente dei SAS e i gurka di sua maestà a scannare i soldatini argentini alle Falkland, sembra un'eresia, ma se andiamo in fondo si scopre che potrebbe essere anche un buon mezzo per eliminare sia debiti fra le banche sia una parte del debito pubblico statale.

Il passaggio della proprietà di gran parte delle banche nelle mani dello stesso padrone permetterebbe di compensare debiti e crediti fra le stesse ed eliminare così un bel pezzo di titoli tossici, sopratutto se le compensazioni venissero fatte anche fra gli stati ormai proprietari della banche; della serie: io restituisco un titolo tossico a te e tu me ne ridai uno a me.

In Italia questa cosa avrebbe effetti spettacolari, assodato che molte amministrazioni locali e loro controllate sono oberate dai derivati che, in un'ipotesi di nazionalizzazione delle banche creditrici, potrebbero essere anche azzerati, con sollievo dei bilanci pubblici e diminuzione di tasse.

Progetto ardito? Ma, di fronte a quello che hanno combinato i banchieri, ogni progetto abbastanza sensato, per quanto estremo, sarebbe sintomo di estrema saggezza.

martedì 17 febbraio 2009

Altre follie italiane

Molti non saprano cosa sono le società in-house, che non sono altro che un'altra delle follie della gestione della cosa pubblica.

Si tratta infatti di quelle aziende che gestiscono servizi per conto di una regione, di una provincia, di un comune, come se fossero un'azienda privata, anche se hanno un solo socio (avete indovinato, la regione, la provincia, il comune o un mix di tutti questi), e un solo cliente (e avete indovinato di nuovo, la regione, la provincia, il comune o un mix di tutto questo).

Dicono che sono state create per permettere una maggiore efficienza ma, alla fine, costano di più perchè, essendo delle Spa, ne hanno tutti gli oneri, compreso il fare ricavi, cioè guadagnare, per cui un pezzo dello stato guadagna su un altro pezzo dello stato stesso. Il tutto con i nostri soldi.

sabato 14 febbraio 2009

Elezioni sarde in sordina

Delle elezioni in Sardegna pare che non interessi a nessuno e di questo se ne dolgono i giornalisti difensori, un tanto a marchetta, della democrazia.

Ma, trattandosi di un'elezione regionale perchè dovrebbe fare rumore? In fondo riguarda solo 1,6 milioni di abitanti e non può essere considerata per niente un test, pro o contro qualcuno, anche perchè le recenti vicende economiche dimostrano che nessun governante può fare alcunchè, e non solo da noi, basti vedere cosa sta succedendo in UK dove hanno praticamente perso il controllo della situazione bancaria.

Nasce però un problema: le strutture di governo locali e nazionali non sono più adatte in un sistema planetario altamente interconesso dove è più importante cosa avviene a NYC piuttosto che a Cagliari o a Roma.

E' la nostra classe dirigente (nessuno escluso) che crede ancora di poter influire su processi che sono diventati abbastanza automatici, basati principalmente sull'ingordigia di executive e dei loro azionisti che (passata l'attuale buriana) si spingeranno di nuovo verso mete ancora più azzardate, sicuri che nessuna punizione adeguata sarà loro comminata.

E mica siamo in Cina dove per un po' di latte alla melamina si finisce con un colpo di pistola alla nuca; nell'Occidente democratico si va solo in galera. Forse.

Qualcuno si ricorda di un certo Michael Milken, l'inventore dei titoli spazzatura, quelli che oggi si chiamano tossici? E' stato condannato a 10 anni, ma ha fatto solo 22 mesi di carcere.

Ne è valsa la pena?

Secondo Forbes, Milken ha oggi un reddito netto di 2,1 miliardi di dollari che ne fa la 458ma persona più ricca del pianeta.

Vedete un po' voi se è il caso di preoccuparsi delle elezioni in Sardegna.

lunedì 9 febbraio 2009

Lacrime di coccodrillo sul latte versato

Sul Corriere Economia di oggi, 9/2/2009, Salvatore Brangantini, economista, propone la resurrezione degli Istituti di Credito Speciali!

Il tutto a ben 15 anni dalla distruzione cervellotica degli ICS che operavano nel sud per gestire l'intervento straordinario, fagocitati da banche universali i cui risultati sono innegabili!

In sintesi il nostro economista dice quello che diceva la legge bancaria del 36, uniquique suum, ognuno deve fare un mestiere, chi presta a breve ha una testa diversa e una professionalità diversa da chi deve esaminare invetsimenti di medio e lungo periodo.

(omissis)... ne sono derivate, in molti casi, valutazioni più oggettive sul breve termine, e minor peso di rapporti personali fra dirigenti di banca e titolari; più spesso, tuttavia, si sono dilatati i tempi di decisione, ed è diminuito lo spessore professionale nei giudizi di credito oltre il breve termine.

Si sta perdendo la capacità di valutazione dei piani a medio, che era ben radicata nei vecchi Istituti di credito speciale (ICS). Questi sviluppi giocano un ruolo negativo oggi, in quanto ostacolano l'adattamento delle imprese alla nuova situazione; tanto più che nessuno, in verità, sa che animali saranno le banche di domani, quando la lezione della crisi sarà stata assimilata.
Molte banche ormai hanno, è vero, divisioni corporate, che lavorano bene. Oggi, tuttavia, serve una grande banca specializzata nel credito a medio termine, che banca, che funga da catalizzatore di aggregazioni fra imprese.


Il giacimento di capacità professionali degli ex Ics, ancorché dimenticato, non è esaurito; spezzoni importanti sono ancora presenti in molte banche, a partire dalle maggiori ove sono confluiti pezzi di Imi, Icipu e Mediocredito Centrale. Soprattutto, nel mondo delle popolari ci sono banche come Efibanca, Centrobanca, Italease, la stessa Meliorbanca, che potrebbero costituire i mattoni di un nuovo edificio adatto ai tempi.

L'aggregazione fra questi istituti darebbe al nuovo soggetto un ruolo altrimenti precluso ad ognuno di essi isolatamente; non a caso vanno a vuoto i periodici tentativi di vendita da parte delle capogruppo. Queste banche vanno fuse fra loro, ne va razionalizzata la struttura e ridisegnato l'azionariato; si potrà così creare un soggetto nuovo, con un management autonomo, senza soci dominanti, e chiedere alla Borsa di sottoscriverne una larga fetta del capitale.

La nuova banca avrebbe un ruolo centrale e le imprese avrebbero, un interlocutore forte e specializzato; bene per il paese, e per le banche capogruppo che risolverebbero qualche lieve grattacapo.

sabato 7 febbraio 2009

Futuro prevedibile

Se i nostri intellettuali avessero letto qualche libro di fantascienza non si meraviglierebbero, come tanti allochi, di quel che accade nel campo tecnologico, sociale e scientifico.

Grattando sotto allo space-opera, la fantascienza si è dimostrata molto anticipatrice di temi attuali e di molti altri che sono appena dietro l'angolo.

Il ciclo di Dune non è altro che un Medio Oriente posto sull'arido pianeta Arrakis, dove c'è una materia essenziale per la navigazione spaziale, la spezia, il cui valore è lo stesso del petrolio per noi; e le storie di Frank Herbert sono belle zeppe di fanatismo religioso e relative guerre, molto funzionali a gestire masse che devono essere tenute buone e distratte per pemettere il flusso ininterrotto della spezia (o del petrolio) ed anche degli enormi guadagni dei loro capi assolutisti.

Ma pur disdegnando questo genere letterario, gli intellettuali avrebbero potuto anche leggere alcune previsioni di quei think-tank che per mestiere cercano di immaginare "quale futuro se".

Una di queste analisi era quella sulla messa in esercizio di treni a levitazione magnetica (MagLev) e dell'impatto sullo scenario dei trasporti; il risultato è stato che un treno che viaggia a 650 km/h mette fuori gioco l'aereo, come sta dimostrando l'Alta Velocità nella tratta Roma-Milano (anche a soli 300 km/h), e come si è verificato in Francia dove il TGV, sulla Parigi-Lione, ha ormai il 74% del traffico mentre l'aereo è crollato al 7%.

Un bell'esempio che lo sviluppo è basato su tre follie: quella di chi ipotizza cose fantascientifiche, come Verne, quelli ancora più pazzi che le realizzano, come Werner von Braun, e la follia assoluta di chi ci mette i denari, come John Fitzgerald Kennedy.

Dice G. B. Shaw: l'uomo ragionevole adatta se stesso al mondo, quello irragionevole insiste nel cercare di adattare il mondo a se stesso. Così il progresso dipende dagli uomini irragionevoli.

Purtroppo la nostra Casta è fatta tutta di persone ragionevoli.

giovedì 5 febbraio 2009

Un po' di trading?

Un dì funesto, grazie al parlar forbito di un bel ingegno, si è prima demonizzata e poi demolita la tranquilla foresta pietrificata bancaria.
E da quel dì fatale i banchieri si sono buttati nel mercato con un'avventatezza di molto superiore a quella di Alice quando s'infilò nella tana del Bianconiglio, dove tutto è del tutto assurdo, anche se del tutto razionale, come il fatto che il Cappellaio Matto festeggi ogni giorno il suo Non-Compleanno.

Com'è finita lo sappiamo, però, a differenza della candida Alice, le banche non sono tornate dal paese delle meraviglie senza danni e con tanti insegnamenti in più.

Le ferite, tante e non ancora rimarginate, se non purulente, sanguinano ancora e, purtroppo, anche se colpiti nella loro pelle più sensibile, quella del portafogli, non pare che la severa lezione sia servita ai banchieri.

Anzi! Ieri un dirigente di alto grado, evidentemente mandato allo sbaraglio senza un opportuno media training, si è esposto al pubblico ludibrio quando ha invitato la gente a fare trading on-line, una mossa del tutto razionale, ma solo per lui!

E questo basterebbe a spiegare perchè questi emuli di Alice siano così messi male: mancano i fondamentali della comunicazione che, in una fase così critica, è essenziale padroneggiare per evitare di allargare il buco della credibilità.

Non è il momento di metterci pezze, oramai. Bisogna cambiare.
Come farebbe la Regina di Cuori: tagliando un po' di teste.

martedì 3 febbraio 2009

La madre dei fessi

Secondo una ricerca mondiale, fatta su 10.000 manager, la soluzione della crisi è, per il 53%, nella mani del business, cioè devono essere i privati a cavare il ragno dal buco.

Un 14% crede nelle istituzioni internazionali mentre il 12% aspetta la soluzione dal loro governo.

Un restante 19% crede che i governi debbano intervenire nell'economia, ad esempio, nazionalizzando le banche.

Questa quota è vicina al 20% della regola di Pareto dell'80/20, quella che dice che il 20% della popolazione possiede l'80% della ricchezza, che il 20% dei clienti produce l'80% del fatturato e che l'80% dei problemi sono dovuti al 20% del parco macchine.

Una regola strana ma sempre applicabile, e forse lo è anche in questo caso: il 19% dei manager mondiali dice che lo stato deve intervenire e forse questo quasi 20% è la parte che possiede l'80% dell'intelligenza e intuisce che questa crisi va risolta con mezzi eccezionali, che poi si riducono a passare alla UE l'intero sistema del credito e quello previdenziale.

Il denaro per questa operazione non è un problema perchè le banche valgono poco, alcune quasi niente, e buona parte del loro capitale è posseduto da altre istituzioni finanziarie, in un intreccio di scatole cinesi; e, se servono dei soldi, si fanno stampare, coscienti che la gente, con questi soldi in mano, può fare solo due cose: o li spende, con giovamento dell'economia, o li investe in attività produttive, perchè quelle parassitarie (cioè quelle puramente finanziare) non esisterebbero più.