giovedì 16 aprile 2009

Fate i buoni

Blaise Pascal, filosofo e matematico (ha inventato la prima macchina calcolatrice a soli 19 anni), un giorno decise di unire le due disciplice creando un concetto, la scommessa su Dio in cui ci fa ragionare sulla convenienza del credere o nel non credere a un entità suprema.

Il ragionamento di Pascal, in qualche modo anticipatore delle teorie di John Nash ci dice che, in termini puramente logico-matematici, ci conviene credere perchè il vantaggio è infinito.

Di conseguenza, tenuto conto che un po' tutte le religioni strutturate si basano su precetti che impongono di non ledere il diritto degli altri alla ricerca della felicità, ne viene, come conseguenza, che è meglio fare i buoni, perchè in nessuna religione è previsto un premio per i cattivi, anzi, di solito, il castigo è qualcosa di terribile e sopratutto di eterno.

La mia personale considerazione sull'essere buoni o meno è più freudiana: ognuno sa nel suo profondo se quello che riuscito ad avere o ad essere è stato conquistato con onestamente o con la frode, la forza o la violenza e perciò è l'inconscio del reprobo che, prima o poi lo mette, in una condizione di auto-punizione, che non coinvolge solo la persona, ma anche i suoi figli.

Perciò, anche se non si vogliono seguire i ragionamenti di Pascal, teniamo conto che il censore interno alla fine ci punisce sempre, o con le malattie o facendoci commettere errori esiziali.

Meglio essere buoni perchè spesso la punizione arriva in questa vita.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

La visione sostanzialista della bontà non considera semplici questioni, che sono determinanti per quelli che sono i costi e benefici dell'esser o no in un certo modo, nell'adeguarsi a regole di condotta premianti. Le morali cambiano come il vento e gli incentivi ad adottarle sono contestuali, questo non è relativismo ma riconoscimento del cambiamento che i processi culturali apportano. Il censore di Freud per quanto voleva pretendere(con Super-io razionale ed Es pulsionale) un finalismo biologico determinato era una determinazione del cnflitto tra desiderio e norma di quel periodo. Ora che il sesso ha tutt'altra valenza certi fondamenti della teoria sono obsoleti. Il "buono" e il "cattivo" sono determinanti del controllo della morale sociale, ormai solo la religione ha una piccola spiaggia al cambiamento, almeno ci provano, come l'intervento di Bruno Leone oggi al Sole che vorrebbe assurgere ad ancora di salvataggio al naufragio di cui si discute. Poi il prezzo è la perdita della libertà però di asserire ciò che può esser meritevole di valore o no.

Davide Stasi ha detto...

Una lettura che ho trovato molto affascinante sostiene che essere "buoni" è più in linea con il flusso vitale del mondo e della natura, che per suo istinto tende all'equilibrio.
Banalizzando: comportandoci tutti in modo buono, ossia collaborativo, disponibile, aperto, raggiungeremmo tutti insieme, come comunità, obiettivi di benessere diffuso, in cui le nostre personalità trovano un equilibrio più o meno stabile.
Non si parla, in questa visione, di un giudice interiore, quanto piuttosto di una convenienza, ma non utilitaristica bensì intesa come corrispondenza ai dettami della natura, che ambiscono all'equilibrio.
Ho tratto queste osservazioni (volgarizzandole molto e indegnamente) dalle letture del teologo Vito Mancuso, che consiglio vivamente. Soprattutto in quanto teologo inviso alla gerarchia ecclesiastica attuale...

Di questioni simili comunque parlo di tanto in tanto anche nel mio blog.